terça-feira, 29 de janeiro de 2013

Spiegazione dela Messa di Dom Prosper Guéranger O.S.B

Spiegazione
della
Santa Messa
di Dom Prosper Guéranger O.S.B
Abate di Solesmes (1805-1875)



II. IL CONFITEOR

La santa Chiesa impiega qui la formula di confessione che lei stessa ha creato e che risale all'VIII secolo. Non è permesso né aggiungere né togliere alcunché. Questa preghiera usufruisce della prerogativa di tutti i sacramentali: la sua recitazione apporta la remissione dei peccati veniali di cui si ha contrizione. Dio, nella sua bontà ha voluto che altri mezzi, oltre il sacramento della Penitenza, possano cancellare i peccati veniali; ed è per questo che ha ispirato alla sua Chiesa l'uso dei sacramentali.
Il sacerdote comincia dunque la confessione e si accusa in primo luogo davanti a Dio; ma sembra dire: «Non voglio confessarmi solo a Dio, ma ancora a tutto ciò che è santo, perché tutti coloro davanti ai quali accuso le mie colpe domandino perdono per me e con me». Così si premura di aggiungere: «Confesso alla Beata sempre Vergine Maria». Senza dubbio egli non ha offeso la santa Vergine, ma ha peccato avanti ad essa, e questo pensiero gli basta per motivare la confessione e che fa anche a Lei. Passa poi all'arcangelo San Michele, così grande e così potente, preposto alla custodia della nostre anime, soprattutto al momento della morte. Si confessa ugualmente a san Giovanni Battista, che nostro Signore ha tanto amato e che è stato suo precursore; poi a San Pietro e a San Paolo, i principi degli Apostoli.
Certi Ordini religiosi hanno ottenuto di aggiungere il nome del loro padre o fondatore del loro Ordine. E così che noi benedettini aggiungiamo San benedetto; i domenicani San Domenico; i francescani a San Francesco, etc.
Infine il sacerdote si rivolge, in questa confessione, a tutti i circostanti, aggiungendo: Et vobis fratres; perché, umiliandosi come peccatore, non solamente si accusa davanti a coloro che sono già glorificati, ma anche davanti a tutti i presenti. E, non contento di dire che ha peccato, egli aggiunge in quale modo, cioè in pensieri, parole e opere: cogitatione, verbo et opere, che sono i tre modi mediante i quali l'uomo può peccare.
Volendo esprimere poi che ha peccato volontariamente, per tre volte lo dice con queste parole: mea culpa; e, per testimoniare insieme al pubblicano del Vangelo i suoi sentimenti di penitenza, si percuote il petto tre volte, mentre dice che ha peccato per sua colpa. Sentendo il bisogno di ricevere il perdono, si ripresenta a tutte le creature glorificate davanti alle quali si era accusato, le invoca e domanda loro, così come ai fratelli presenti, di pregare per lui.
A proposito di questa formula di confessione stabilita dalla santa Chiesa, diciamo - di passaggio - che può essere sufficiente a una persona in pericolo di morte e incapace di fare una confessione più esplicita.
I ministranti rispondono al sacerdote con un voto «Il Signore abbia misericordia di Te...», a cui il prete, rimanendo inclinato, aggiunge Amen. Questa risposta in forma di voto è una supplica alla misericordia di Dio per il celebrante.
Ma i ministranti hanno loro stessi bisogno di perdono; ed è per questo motivo che, a loro volta, con la stessa formula, fanno la confessione dei loro peccati non più però a dei fratelli, et vobis fratres, ma al sacerdote, che chiamano «padre»: et tibi Pater.
Non è mai permesso di cambiare qualunque cosa di ciò che la santa Chiesa ha stabilito per la celebrazione della Messa; così nel Confiteor i ministri devono sempre dire semplicemente et tibi Pater, et te Pater, senza aggiungere nessuna specificazione, anche se servissero la Messa al Papa.
Quando i ministri hanno pronunciato questa formula di confessione, il sacerdote fa per essi la stessa supplica che questi avevano fatto per lui; essi rispondono ugualmente con amen.
Viene poi una specie di benedizione, Indulgentiam, mediante la quale il sacerdote domanda per lui e per i suoi fratelli il perdono e la remissione dei peccati, facendosi il segno della croce; egli pronuncia la parola nobis e non vobis, mettendosi insieme ai ministri, unito a loro nella supplica comune.
Una volta terminata la confessione, il sacerdote si inclina di nuovo, ma meno profondamente di come aveva fatto al Confiteor. Egli dice: Deus tu conversus vivificabis nos «O Dio, con un solo sguardo ci donerai la vita»; e i ministri: Et plebs tua laetabitur in te, «E il tuo popolo si allieterà in te»; subito dopo: Ostende nobis, Domine, misericordiam tuam, «Mostraci, Signore, la tua misericordia»; Et salutare tuum da nobis, «E donaci il Salvatore che hai preparato».
Questi versetti sono recitati da tempi antichissimi. L'ultimo è una parola del re David, che domanda il Messia nel salmo LXXXIV Benedixisti Domine terram tuam (Hai benedetto, Signore, la tua terra); perché durante la Messa, prima della consacrazione, noi attendiamo il Signore analogamente a coloro che, prima dell'incarnazione, attendevano il Messia promesso alle nazioni. Con la parola misericordiam, usata dal Profeta, non va intessa la bontà di Dio. No, noi domandiamo a Dio che si degni di inviare colui che è la sua Misericordia e la sua Salvezza, cioè Colui per il quale verrà a noi la salvezza. Questa parola del salmo ci trasporta completamente al tempo dell'Avvento, durante il quale noi non cessiamo di domandare Colui che sta per venire.
Dopo questo, il sacerdote domanda a Dio che si degni di esaudire la sua preghiera; poi saluta il popolo dicendo Dominus vobiscum «Il Signore sia con voi». È come un saluto che indirizza ai suoi fratelli nel momento solenne in cui sta per varcare i gradini dell'altare, e, come Mosè, sta entrando sotto la nube (cf Es XXIV, 18). I ministri gli rispondono, per conto del popolo, con queste parole: et cum spiritu tuo, «e con il tuo spirito».
Preparandosi a salire all'altare, il sacerdote dice: Oremus «Preghiamo», allarga le mani e le ricongiunge. Ogni volta che dice questa parola, agisce nel solito modo, perché si dispone a pregare, e perché, per pregare si stendono le mani verso Dio, che è in cielo e a cui ci si indirizza. Così aveva pregato Nostro Signore sulla croce. Nella preghiera che il sacerdote dice salendo i gradini, egli parla al plurale, perché non sale da solo; il diacono e il suddiacono salgono con lui, l'accompagnano e lo servono.
Il pensiero dominate del sacerdote, in questo momento solenne, è quello di purificarsi, perché, come egli stesso dice, sta entrando nel «santo dei santi»: ad Sancta Sanctorum, usando questo superlativo ebraico per esprimere la grandezza dell'azione che si accinge a compiere. Domanda dunque che i suoi peccati saino rimossi, pregando anche per i ministri. Più ci si avvicina a Dio, più si sentono anche le minime macchie che sporcano l'anima; il sacerdote sente dunque il bisogno di purificarsi ancora e lo domanda a Dio. Ha già detto Deus tu conversus vivificabis nos - Ostende nobis, Domine, misericordiam tuam. Ma, poiché si accosta di più a Dio, egli teme e raddoppia le sue preghiere per ottenere il perdono. Varca i gradini dicendo questa preghiera: Aufer a nobis, quaésumus, Dómine, iniquitátes nostras: ut ad sancta sanctórum puris mereámur méntibus introíre. Per Christum Dóminum nostrum. Amen; «Togli da noi, o Signore, le nostre iniquità: affinché con animo puro possiamo entrare nel Santo dei Santi. Per Cristo nostro Signore. Cosi sia.»Giunto all'altare, il sacerdote posa le mani giunte sull'altare, e poi lo bacia. Questo bacio dell'altare è qui un segno di rispetto per le reliquie dei santi, che vi sono contenute. Egli fa un'altra preghiera nella quale domanda che i peccati siano perdonati: peccata mea «i miei peccati»; ma la comincia dicendo: Oramus te, «noi ti preghiamo», perché tutti coloro che assistono al sacrificio devono avere per il sacerdote un sentimento filiale e pregare con lui e per lui.


È possibile richiedere il libro


La Santa Messa, Spiegazione delle preghiere e delle cerimonie della Santa Messa secondo alcune note raccolte dalle conferenze di Dom Prosper Guéranger, Abate di Solesmes
al seguente indirizzo:
Suore Francescane dellíImmacolata , Monastero della Murate , Via dei Lanari, 2 , 06012 CITTÀ DI CASTELLO (PG)
tel/fax: 075-8555779 - posta elettronica: francescanecittacastelloATinterfree.it

segunda-feira, 28 de janeiro de 2013

PIO PP. XII : L'augusto Sacrificio dell'altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima.

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Ven. Pio XII : O augusto sacrifício do altar . Ven. PIUS XII : The august sacrifice of the altar. Ven. PIO XII : El Augusto Sacrificio del Altar. VEN. PIE XII : Il est un véritable renouvellement du sacrifice de la croix: Le saint sacrifice de l’autel.

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Ven. Pio XII : O augusto sacrifício do altar não é, pois, uma pura e simples comemoração da paixão e morte de Jesus Cristo, mas é um verdadeiro e próprio sacrifício, no qual, imolando-se incruentamente, o sumo Sacerdote faz aquilo que fez uma vez sobre a cruz, oferecendo-se todo ao Pai, vítima agradabilíssima. "Uma... e idêntica é a vítima: aquele mesmo, que agora oferece pelo ministério dos sacerdotes, se ofereceu então sobre a cruz; é diferente apenas, o modo de fazer a oferta".


CARTA ENCÍCLICA DO PAPA PIO XII
MEDIATOR DEI
SOBRE A SAGRADA LITURGIA

SEGUNDA PARTE
O CULTO EUCARÍSTICO
I. Natureza do sacrifício eucarístico
59. O mistério da santíssima eucaristia, instituída pelo sumo sacerdote Jesus Cristo e, por vontade sua, perpetuamente renovada pelos seus ministros, é como a súmula e o centro da religião cristã. Em se tratando do ápice da sagrada liturgia, julgamos oportuno, veneráveis irmãos, deter-nos um pouco, chamando a vossa atenção para esta importantíssima temática.
60. O Cristo Senhor, "sacerdote eterno segundo a ordem de Melquisedeque" (56) "tendo amado os seus que estavam no mundo",(57) "na última ceia, na noite em que foi traído, para deixar à Igreja, sua esposa dileta, um sacrifício visível, como exige a natureza dos homens, o qual representasse o sacrifício cruento que devia cumprir-se na cruz uma só vez, e para que a sua lembrança permanecesse até o fim dos séculos e nos fosse aplicada sua salutar virtude em remissão dos nossos pecados cotidianos... ofereceu a Deus Pai o seu corpo e o seu sangue sob as espécies de pão e de vinho e deu-os aos apóstolos então constituídos sacerdotes do Novo Testamento, para que sob essas mesmas espécies o recebessem, e ordenou a eles e aos seus sucessores no sacerdócio, que o oferecessem".(58)
61. O augusto sacrifício do altar não é, pois, uma pura e simples comemoração da paixão e morte de Jesus Cristo, mas é um verdadeiro e próprio sacrifício, no qual, imolando-se incruentamente, o sumo Sacerdote faz aquilo que fez uma vez sobre a cruz, oferecendo-se todo ao Pai, vítima agradabilíssima. "Uma... e idêntica é a vítima: aquele mesmo, que agora oferece pelo ministério dos sacerdotes, se ofereceu então sobre a cruz; é diferente apenas, o modo de fazer a oferta".(59)
62. Idêntico, pois, é o sacerdote, Jesus Cristo, cuja sagrada pessoa é representada pelo seu ministro. Este, pela consagração sacerdotal recebida, assemelha-se ao sumo Sacerdote e tem o poder de agir em virtude e na pessoa do próprio Cristo;(60) por isso, com sua ação sacerdotal, de certo modo, "empresta a Cristo a sua língua, e lhe oferece a sua mão".(61)
63. Também idêntica é a vítima, isto é, o divino Redentor, segundo a sua humana natureza e na realidade do seu corpo e do seu sangue. Diferente, porém, é o modo pelo qual Cristo é oferecido. Na cruz, com efeito, ele se ofereceu todo a Deus com os seus sofrimentos, e a imolação da vítima foi realizada por meio de morte cruenta livremente sofrida; no altar, ao invés, por causa do estado glorioso de sua natureza humana, "a morte não tem mais domínio sobre ele"(62) e, por conseguinte, não é possível a efusão do sangue; mas a divina sabedoria encontrou o modo admirável de tornar manifesto o sacrifício de nosso Redentor com sinais exteriores que são símbolos de morte. Já que, por meio da transubstanciação do pão no corpo e do vinho no sangue de Cristo, têm-se realmente presentes o seu corpo e o seu sangue; as espécies eucarísticas, sob as quais está presente, simbolizam a cruenta separação do corpo e do sangue. Assim o memorial da sua morte real sobre o Calvário repete-se sempre no sacrifício do altar, porque, por meio de símbolos distintos, se significa e demonstra que Jesus Cristo se encontra em estado de vítima.

Ven. PIUS XII : The august sacrifice of the altar, then, is no mere empty commemoration of the passion and death of Jesus Christ, but a true and proper act of sacrifice, whereby the High Priest by an unbloody immolation offers Himself a most acceptable victim to the Eternal Father, as He did upon the cross. "It is one and the same victim; the same person now offers it by the ministry of His priests, who then offered Himself on the cross, the manner of offering alone being different.


MEDIATOR DEI
ENCYCLICAL OF POPE PIUS XII
ON THE SACRED LITURGY




66. The mystery of the most Holy Eucharist which Christ, the High Priest instituted, and which He commands to be continually renewed in the Church by His ministers, is the culmination and center, as it were, of the Christian religion. We consider it opportune in speaking about the crowning act of the sacred liturgy, to delay for a little while and call your attention, Venerable Brethren, to this most important subject.
67. Christ the Lord, "Eternal Priest according to the order of Melchisedech,"[56] "loving His own who were of the world,"[57] "at the last supper, on the night He was betrayed, wishing to leave His beloved Spouse, the Church, a visible sacrifice such as the nature of men requires, that would re-present the bloody sacrifice offered once on the cross, and perpetuate its memory to the end of time, and whose salutary virtue might be applied in remitting those sins which we daily commit, . . . offered His body and blood under the species of bread and wine to God the Father, and under the same species allowed the apostles, whom he at that time constituted the priests of the New Testament, to partake thereof; commanding them and their successors in the priesthood to make the same offering."[58]
68. The august sacrifice of the altar, then, is no mere empty commemoration of the passion and death of Jesus Christ, but a true and proper act of sacrifice, whereby the High Priest by an unbloody immolation offers Himself a most acceptable victim to the Eternal Father, as He did upon the cross. "It is one and the same victim; the same person now offers it by the ministry of His priests, who then offered Himself on the cross, the manner of offering alone being different."[59]
69. The priest is the same, Jesus Christ, whose sacred Person His minister represents. Now the minister, by reason of the sacerdotal consecration which he has received, is made like to the High Priest and possesses the power of performing actions in virtue of Christ's very person.[60] Wherefore in his priestly activity he in a certain manner "lends his tongue, and gives his hand" to Christ.[61]

Ven. PIO XII : El Augusto Sacrificio del Altar no es; pues, una pura y simple conmemoración de la Pasión y Muerte de Jesucristo, sino que es un Sacrificio propio y verdadero, en el cual, inmolándose incruentamente el Sumo Sacerdote, hace lo que hizo una vez en la Cruz, ofreciéndose todo El al Padre, Víctima gratísima. «Una... y la misma, es la Víctima; lo mismo que ahora se ofrece por ministerio de los Sacerdotes, se ofreció entonces en la Cruz; sólo es distinto el modo de hacer el ofrecimiento»



"Mediator Dei"
Sobre la Sagrada Liturgia
20 de noviembre de 1947
PARTE SEGUNDA
EL CULTO EUCARÍSTICO.
I. Naturaleza del Sacrificio Eucarístico
A) MOTIVO DE TRATAR ESTE TEMA
84. El Misterio de la Santísima Eucaristía, instituida por el Sumo Sacerdote, Jesucristo, y renovada constantemente por sus ministros, por obra de su voluntad, es como el compendio y el centro de la religión cristiana. Tratándose de lo más alto de la Sagrada Liturgia, creemos oportuno, Venerables Hermanos, detenernos un poco y atraer Vuestra atención a este gravísimo argumento.
B) EL SACRIFICIO EUCARÍSTICO
1º. Institución.
85. Cristo, Nuestro Señor, «Sacerdote eterno según el orden de Melchisedec» (Sal. 109, 4)) que «habiendo amado a los suyos que estaban en el mundo» (Juan, 13, 1), «en la última cena, en la noche en que era traicionado, para dejar a la Iglesia, su Esposa amada, un sacrificio visible -como lo exige la naturaleza de los hombres-, que representase el sacrificio cruento que había de llevarse a efecto en la Cruz, y para que su recuerdo permaneciese hasta el fin de los siglos y fuese aplicada su virtud salvadora a la remisión de nuestros pecados cotidianos... ofreció a Dios Padre su Cuerpo y su Sangre, bajo las especies del pan y del vino, y las dio a los Apóstoles, entonces constituidos en Sacerdotes del Nuevo Testamento, a fin de que bajo estas mismas especies lo recibiesen, mientras les mandaba a ellos y a sus sucesores en el Sacerdocio, el ofrecerlo» (5).
2º. Naturaleza.
a) No es simple conmemoración.
86. El Augusto Sacrificio del Altar no es; pues, una pura y simple conmemoración de la Pasión y Muerte de Jesucristo, sino que es un Sacrificio propio y verdadero, en el cual, inmolándose incruentamente el Sumo Sacerdote, hace lo que hizo una vez en la Cruz, ofreciéndose todo El al Padre, Víctima gratísima. «Una... y la misma, es la Víctima; lo mismo que ahora se ofrece por ministerio de los Sacerdotes, se ofreció entonces en la Cruz; sólo es distinto el modo de hacer el ofrecimiento» (6).
b) Comparación con el de la Cruz.
1) Idéntico Sacerdote.
87. Idéntico, pues, es el Sacerdote, Jesucristo, cuya Sagrada Persona está representada por su ministro. Este, en virtud de la consagración sacerdotal recibida, se asimila al Sumo Sacerdote y tiene el poder de obrar en virtud y en la persona del mismo Cristo; por esto, con su acción sacerdotal, en cierto modo; «presta a Cristo su lengua; le ofrece su mano» (7).
2) Idéntica Víctima.
88. Igualmente idéntica es la Víctima; esto es, el Divino Redentor; según su humana Naturaleza y en la realidad de su Cuerpo y de su Sangre.
3) Distinto modo.
89. Diferente, en cambio, es el modo en que Cristo es ofrecido. En efecto, en la Cruz, El se ofreció a Dios todo entero, y le ofreció sus sufrimientos y la inmolación de la Víctima fue llevada a cabo por medio de una muerte cruenta voluntariamente sufrida; sobre el Altar, en cambio, a causa del estado glorioso de su humana Naturaleza, «la muerte no tiene ya dominio sobre El» (Rom. 6, 9) y, por tanto, no es posible la efusión de la sangre; pero la divina Sabiduría han encontrado el medio admirable de hacer manifiesto el Sacrificio de Nuestro Redentor con signos exteriores, que son símbolos de muerte. Ya que por medio de la Transubstanciación del pan en el Cuerpo y del vino en la Sangre de Cristo, como se tiene realmente presente su Cuerpo, así se tiene su Sangre; así, pues, las especies eucarísticas, bajo las cuales está presente, simbolizan la cruenta separación del Cuerpo y de la Sangre. De este modo, la conmemoración de su muerte, que realmente sucedió en el Calvario, se repite en cada uno de los sacrificios del altar, ya que por medio de señales diversas se significa y se muestra Jesucristo en estado de víctima.

VEN. PIE XII : Il est un véritable renouvellement du sacrifice de la croix: Le saint sacrifice de l’autel n’est donc pas une pure et simple commémoration des souffrances et de la mort de Jésus-Christ, mais un vrai sacrifice, au sens propre, dans lequel, par une immolation non sanglante, le Souverain Prêtre fait ce qu’il a fait sur la croix, en s’offrant lui-même au Père éternel comme une hostie très agréable. " La victime est la même ; celui qui maintenant offre par le ministère des prêtres est celui qui s’offrit alors sur la croix ; seule la manière d’offrir diffère ".

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Encyclique MEDIATOR DEI


de Sa Sainteté le Pape PIE XII

SUR LA SAINTE LITURGIE


II LE CULTE EUCHARISTIQUE


I. NATURE DU SACRIFICE EUCHARISTIQUE

Le point culminant et comme le centre de la religion chrétienne est le mystère de la très sainte Eucharistie que le Christ, Souverain Prêtre, a instituée, et qu’il veut voir perpétuellement renouvelé dans l’Église par ses ministres. Comme il s’agit de la matière principale de la liturgie, Nous estimons utile de Nous y attarder quelque peu et d’attirer votre attention, Vénérables Frères, sur ce sujet très important.

Le Christ, notre Seigneur, " prêtre éternel selon l’ordre de Melchisédech " (Ps CIX, 4), " ayant aimé les siens qui étaient dans le monde " (Jn XIII, 1), " durant la dernière Cène, la nuit où il fut trahi, voulut, comme l’exige la nature humaine, laisser à l’Église, son Épouse bien-aimée, un sacrifice visible, pour représenter le sacrifice sanglant qui devait s’accomplir une fois seulement sur la croix, afin donc que son souvenir demeurât jusqu’à la fin des siècles et que la vertu en fût appliquée à la rémission de nos péchés de chaque jour… Il offrit à Dieu son Père son corps et son sang sous les apparences du pain et du vin, symboles sous lesquels il les fit prendre aux apôtres, qu’il constitua alors prêtres du Nouveau Testament, et il ordonna, à eux et à leurs successeurs, de l’offrir " (Conc. Trid., Sess. XXII, cap. 1).

Il est un véritable renouvellement du sacrifice de la croix:

Le saint sacrifice de l’autel n’est donc pas une pure et simple commémoration des souffrances et de la mort de Jésus-Christ, mais un vrai sacrifice, au sens propre, dans lequel, par une immolation non sanglante, le Souverain Prêtre fait ce qu’il a fait sur la croix, en s’offrant lui-même au Père éternel comme une hostie très agréable. " La victime est la même ; celui qui maintenant offre par le ministère des prêtres est celui qui s’offrit alors sur la croix ; seule la manière d’offrir diffère ". (Ibid. cap. 2)

a. Prêtre identique

C’est donc le même prêtre, Jésus-Christ, mais dont la personne sacrée est représentée par son ministre, celui-ci, en effet, par la consécration sacerdotale qu’il a reçue, est assimilé au Souverain Prêtre et jouit du pouvoir d’agir avec la puissance et au nom du Christ lui-même (Cf. S. Thomas, Summa theol. IIIa, q. 22, a. 4.). C’est pourquoi par son action sacerdotale, d’une certaine manière, " il prête sa langue au Christ, il lui offre sa main ". (Jean Chrysostome, In Ioann. Hom., 86, 4.)

b. Victime identique

La victime est également la même, à savoir le divin Rédempteur, selon sa nature humaine et dans la vérité de son corps et de son sang. La manière dont le Christ est offert est cependant différente. Sur la croix, en effet, il offrit à Dieu tout lui-même et ses douleurs, et l’immolation de la victime fut réalisée par une mort sanglante subie librement. Sur l’autel, au contraire, à cause de l’état glorieux de sa nature humaine, " la mort n’a plus d’empire sur lui " (Rm VI, 9), et, par conséquent, l’effusion du sang n’est plus possible ; mais la divine sagesse a trouvé un moyen admirable de rendre manifeste le sacrifice de notre Rédempteur par des signes extérieurs, symboles de mort. En effet, par le moyen de la transsubstantiation du pain au corps et du vin au sang du Christ, son corps se trouve réellement présent, de même que son sang, et les espèces eucharistiques, sous lesquelles il se trouve, symbolisent la séparation violente du corps et du sang. Ainsi le souvenir de sa mort réelle sur le Calvaire est renouvelé dans tout sacrifice de l’autel, car la séparation des symboles indique clairement que Jésus-Christ est en état de victime.

Ven. PIO XII : Cristo Signore, «sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec» che, «avendo amato i suoi che erano nel mondo», «nell'ultima cena, nella notte in cui veniva tradito, per lasciare alla Chiesa sua sposa diletta un sacrificio visibile - come lo esige la natura degli uomini - che rappresentasse il sacrificio cruento, che una volta tanto doveva compiersi sulla Croce, e perché il suo ricordo restasse fino alla fine dei secoli, e ne venisse applicata la salutare virtù in remissione dei nostri quotidiani peccati, offrì a Dio Padre il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino e ne diede agli Apostoli allora costituiti sacerdoti del Nuovo Testamento, perché sotto le stesse specie lo ricevessero, mentre ordinò ad essi e ai loro successori nel sacerdozio, di offrirlo».

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PIO PP. XII
SERVO DEI SERVI DI DIO

LETTERA ENCICLICA

MEDIATOR DEI
Parte II.

Il Culto Eucaristico

Il mistero della Santissima Eucaristia, istituita dal Sommo Sacerdote Gesù Cristo e rinnovata in perpetuo per sua volontà dai suoi ministri, è come la somma e il centro della religione cristiana. Trattandosi del culmine della sacra Liturgia, riteniamo opportuno, Venerabili Fratelli, indugiare alquanto e richiamare la vostra attenzione su questo gravissimo argomento.

Il Sacrifizio Eucaristico

Cristo Signore, «sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec» che, «avendo amato i suoi che erano nel mondo», «nell'ultima cena, nella notte in cui veniva tradito, per lasciare alla Chiesa sua sposa diletta un sacrificio visibile - come lo esige la natura degli uomini - che rappresentasse il sacrificio cruento, che una volta tanto doveva compiersi sulla Croce, e perché il suo ricordo restasse fino alla fine dei secoli, e ne venisse applicata la salutare virtù in remissione dei nostri quotidiani peccati, offrì a Dio Padre il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino e ne diede agli Apostoli allora costituiti sacerdoti del Nuovo Testamento, perché sotto le stesse specie lo ricevessero, mentre ordinò ad essi e ai loro successori nel sacerdozio, di offrirlo».

L'augusto Sacrificio dell'altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima. «Una . . . e identica è la vittima; egli medesimo, che adesso offre per ministero dei sacerdoti, si offrì allora sulla Croce; è diverso soltanto il modo di fare l'offerta».

Identico, quindi, è il sacerdote, Gesù Cristo, la cui sacra persona è rappresentata dal suo ministro. Questi, per la consacrazione sacerdotale ricevuta, assomiglia al Sommo Sacerdote, ed ha il potere di agire in virtù e nella persona di Cristo stesso; perciò, con la sua azione sacerdotale, in certo modo «presta a Cristo la sua lingua, gli offre la sua mano».

Parimenti identica è la vittima, cioè il Divin Redentore, secondo la sua umana natura e nella realtà del suo Corpo e del suo Sangue. Differente, però, è il modo col quale Cristo è offerto. Sulla Croce, difatti, Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e l'immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull'altare, invece, a causa dello stato glorioso della sua umana natura, «la morte non ha più dominio su di Lui» e quindi non è possibile l'effusione del sangue; ma la divina sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il sacrificio del nostro Redentore con segni esteriori che sono simboli di morte. Giacché, per mezzo della transustanziazione del pane in corpo e del vino in sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni sacrificio dell'altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima.

sexta-feira, 11 de janeiro de 2013

Directoire pour la pastorale de la messe à l''usage des diocèses de France - Assemblée des Cardinaux et Archevêques, Nov 1956.

Directoire pour la pastorale de la messe à l''usage des diocèses de France - Assemblée des Cardinaux et Archevêques, Nov 1956.
Pour sauvegarder ou imprimer ce document, nous conseillons la version .pdf disponible ci-dessus (nécessite Acrobat Reader).
Novembre 1956
Directoire pour
la pastorale de la messe
à l'usage des diocèses de France

Adopté par l'Assemblée des Cardinaux et Archevêques
http://www.ceremoniaire.net/pastorale1950/docs/directoire_1956_1.html

Reginald Garrigou-Lagrange - on his life and his works on the web

Reginald Garrigou-Lagrange - on his life and his works on the web


Reginald (Gontran-Marie) Garrigou-Lagrange was born in France in 1877 and died in Rome in 1964.

He started to study medicine at the university of Bordeaux, but in 1897, under the impact of his deep conversion, he left the university and entered the Dominican order.

From 1909 to 1959 he taught fundamental theology and dogmatic in the Angelicum in Rome, and in 1917 he founded the first department of spiritual theology.

He has been considered the most important Thomist theologian of the 20th century. His achievement was particularly significant on the field of spiritual theology.

ON HIS LIFE ON THE WEB:

- Reginald Garrigou-Lagrange OP
- A Saint in Heaven
- The Last Battle of Garrigou-Lagrange
- Padre Gontran Garrigou-Lagrange
- Réginald Garrigou-Lagrange Il mostro sacro del Tomismo 

BIBLIOGRAPHY:

- Bibliografie P. Reginalda Garrigou-Lagrange OP
- Reginald Garrigou-Lagrange
- Fonti bibliografiche su P. Réginald Garrigou-Lagrange
- Tutte le opere di p. Garrigou-Lagrange 

HIS WORKS:

in English;
- THE THREE AGES OF THE INTERIOR LIFE.
- THE THREE WAYS OF THE SPIRITUAL LIFE.
- LIFE EVERLASTING.
CHRIST THE SAVIOR.
CHRIST THE SAVIOUR  - A Commentary on the Third Part of St Thomas' Theological Summa
- REALITY—A Synthesis Of Thomistic Thought.
- PROVIDENCE.
- THE TRINITY AND GOD THE CREATOR. 
- GRACE: Commentary on the Summa Theologica of St. Thomas. 
- Commentaries on the Summa written by Pere Reginald Garrigou-Lagrange, O.P.
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sábado, 5 de janeiro de 2013

El magisterio del Veneravel Pío XII sobre la liturgia

 


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Además de su testimonio celebrativo, Pío XII nos dejó numerosas alusiones sobre la sagrada liturgia en sus escritos magisteriales. Se aprecia en ellos la creciente sensibilidad hacia la dimensión cultual del cristianismo, a su legítimo pluralismo y su centralidad para la fe y la vida del pueblo cristiano. De entre sus escritos sobresalen dos de gran importancia: la encíclica Mediator Dei (1947) y su discurso a los participantes al Congreso de Liturgia celebrado en Asís (1956). Su magisterio litúrgico, junto con sus disposiciones en materia litúrgica[1], hicieron de Pío XII un papa de especial importancia para la renovación litúrgica del rito romano hasta nuestros días.

Fuentes:
Discursos y radiomensajes de su santidad Pío XII, 4 vol., Ediciones Acción Católica Española, Madrid, 1946-52. (=Discursos y radiomensajes)
Discorsi e radiomessaggi di sua santità Pio XII, 20 vol., Città del Vaticano, 1960. (=Discorsi)

Magisterio:
Al episcopado y a los fieles del rito greco-melquita (16/V/1939)[2].
En este discurso a la colonia melquita en Roma, el papa se refiere al rito greco-melquita como un rito muy noble y antiguo, calificando a las liturgias bizantinas de «splendides».
Las enseñanzas de la liturgia (5/VII/1939)[3].
En esta Audiencia General, el papa se dirige a los nuevos esposos, explicando los ritos del matrimonio, del que los contrayentes han sido ministros. Distingue tres momentos de sumo relieve: el mutuo consentimiento, confirmado y ratificado por la bendición y la entrega del anillo, «símbolo de fidelidad íntegra e indefectible»; la Epístola, que considera momento instructivo; después del Pater Noster, la bendición de los esposos.
La castidad conyugal (6/XII/1939)[4].
En esta Alocución el papa muestra cómo la lex orandi expresa la fe de la Iglesia, cuando habla de su Inmaculada Concepción: «...María fue inmaculada ya desde su misma concepción, para ser digna Madre del Salvador. Por ello la Iglesia en su liturgia, en la que resuena el eco de sus dogmas, se expresa así: “Oh Dios, que por la Inmaculada Concepción de la Virgen preparaste a tu Hijo morada digna en Él” (Orat. in festo Immac. Concep. B. M. V.)».

Directrices del pastor supremo a los párrocos y predicadores cuaresmales de Roma (6/II/1940)[5].
El papa exhorta a los párrocos para que su dignidad resplandezca en el pueblo, para que conozca y comprenda con viva fe el significado y el valor de los sacramentos, que con inteligencia y participación personal puedan seguir las admirables ceremonias y la inefable belleza de la liturgia.
A los fieles del rito bizantino en Italia (18/10/1940)[6].
El papa recuerda que tanto él como sus predecesores cuidan de que se observen los usos legítimos del rito y las prescripciones de la liturgia, de modo que esa fidelidad suscite en los fieles el amor a la normativa eclesiástica y al culto divino. También sostiene que la diversidad del rito no debe ir en contra de la unidad de la fe y la caridad.
A la archicofradía de la adoración perpetua y de socorro a las iglesias pobres (1/V/1941)[7].
El espíritu de fe es el vínculo sustancial de los fieles con su parroquia, y esa fe se apoya en la materia. Aquí encontramos un eco de la actuosa participatio: «¿No es verdad que la participación asidua y activa en la vida parroquial y en sus obras, la asistencia frecuente a la iglesia y a sus funciones sagradas, resultarían facilitadas y ayudadas en grado sumo cuando el ornato de los sacros altares sea una dulce invitación y una potente atracción así para los ojos del alma como para la devoción religiosa, ávida siempre de belleza aun en las iglesias?».
Consideraciones y exhortaciones en torno a la oración (13/III/1943)[8].
En estas consideraciones el papa afirma que de todas las prácticas de piedad, la máxima, la más eficaz y de santa devoción es la participación de los fieles en el santo Sacrificio, por los cuales ora el sacerdote en el acto de ofrecer la víctima divina. También exhorta a gustar de la profunda belleza de la plegaria litúrgica de la misa y a participar activamente. En este sentido, considera el misal como el máximo libro de devoción e la Iglesia.
Encíclica «Orientalis Ecclesiae» (9/IV/1944)[9].
En esta Encíclica se vuelve a hablar sobre ala legítima libertad, el genio y la historia de los ritos orientales, fundados en una legítima y antigua tradición. Se vuelve a insistir en la unidad en la pluralidad de expresiones rituales.
Instrucción pastoral sobre los sacramentos (7/II/1945)[10].
En esta audiencia el papa habla de la ‘impresión psicológica’ que dejan las ceremonias eclesiásticas. El sacerdote debe realizar los ritos de forma majestuosa pero sin afectación, signo de fe profunda y de íntimo recogimiento.
Homilía en la “capilla papal” de la Basílica de Ostia (18/IX/1947)[11].
En esta homilía el papa alude a la expresión opus Dei, que refieren los benedictinos al Oficio Divino, a la que tienen tanta dedicación y diligencia. Describe la liturgia como omnis cultus Ecclesiae auctoritate constitutus
Encíclica «Mediator Dei et hominum» (20/XI/1947)[12].
Esta encíclica ha sido considerada como la Carta Magna del movimiento litúrgico. Los documentos posteriores, especialmente la Constitución Sacrosanctum Concilium, la tuvieron en cuenta como fundamento teológico-magisterial de las reformas que se fueron sucediendo. Salió al paso de la doctrina caseliana de los misterios, asumiendo parte de la misma y descartando algunas de sus conclusiones. También menciona algunos abusos y reinterpreta el adagio de Próspero de Aquitania dando primacía a la lex credendi sobre la lex orandi. Reacciona también ante un liturgismo exagerado y critica algunas tendencias y explicaciones litúrgicas de su tiempo. Se ha querido ver también en la encíclica las bases de la teología de la participación litúrgica[13].
El celo por el culto eucarístico (8/II/1949)[14].
El papa habla del celo por la belleza de la casa de Dios, la necesidad y urgencia de dar decoro a las iglesias y da las razones de la pobreza y miseria de los ornamentos en algunas iglesias: al egoísmo y a la indigencia.
Radiomensaje al Congreso interamericano de educación católica (6/X/1948)[15].
La instrucción religiosa debe ir unida al «santo temor de Dios, la costumbre de recogerse en oración, y la participación plena y consciente en el espíritu del Año litúrgico de la Santa Madre Iglesia, fuente de incontables gracias».
A los párrocos y predicadores cuaresmales de Roma (23/III/1949)[16].
Para el papa la misa es la sustancia y el sentido de la liturgia. Dispone al Año Santo (a. 1950), y se debe participar en ella de manera consciente y personal. Dicha participación debe tener una resonancia en la vida cotidiana, de forma que los propios sacrificios se deben unir al sacrificio de Cristo.
Constitución Apostólica «Munificentissimus Deus» (1/XI/1950)[17].
El papa usa el argumento litúrgico para probar el dogma de la Asunción. Cita documentos litúrgicos: Sacramentarium Gregorianum, Sacramentarium Gallicanum, etc.[18]
En el octogésimo aniversario de la Primaria Associazione Artistico-operaria (7/XII/1952)[19].
En esta Audiencia el papa habla del Adviento como disposición para la Navidad, y de paso describe la liturgia como ‘fuente preciosa y perenne de luz y de alegría’.
Discurso al sacro colegio y al episcopado sobre el sacerdocio y el gobierno pastoral (2/XI/1954)[20].
En este discurso, Pío XII advierte a los obispos acerca de la improvisación y el abandono en el cumplimiento fiel de las rúbricas. Ellas obligan a todos, incluso a los estudiosos en sagrada Liturgia. Este abuso iría en contra de los cánones (código de 1917) 1257 y 818.
Encíclica «Musicae sacrae disciplina» (25/XII/1955)[21].
En este encíclica se valora el canto gregoriano sobre el polifónico, aunque dicha preferencia se debe ajustar en lo que se refiere a otros ritos, sive occidentalium populorum, ut Ambrosiani, Gallicani, Mozarabici, sive variorum Rituum Orientalium. Los tesoros litúrgicos de canto (cantu liturgico pretiosos) de estas tradiciones se deben conservar. Se da una especial atención a los ritos orientales.
Discurso a los participantes al Congreso Internacional de Liturgia Pastoral (22/IX/1956)[22].
A. Bugnini destacó la importancia que otorgó Pío XII a este Congreso por medio de su discurso, junto con la intervención del entonces prefecto de la Congregación de Ritos, Gaetano Cicognani[23]. En ese discurso, Pío XII afirmó: «El movimiento litúrgico aparece como un signo de las disposiciones providenciales de Dios sobre el tiempo presente (signo de los tiempos), como un paso del Espíritu Santo en su Iglesia, para acercar ante todo a los hombres a los misterios de la fe y a las riquezas de la gracia, que corren de la participación activa de los fieles en la vida litúrgica».
Solemne conmemoración de la obra de Benedicto XIV (primera quincena de noviembre de 1958)[24].
Pío XII reconoce el empeño de cultivar los estudios litúrgicos, alabado anteriormente por P. Guéranger (Institutions Liturgiques, II, Paris 1880, 494).
Adolfo Ivorra
León

[1] Revisión del Salterio en 1945, la reforma de la Vigilia Pascual en 1951, las misas vespertinas y la reforma del ayuno en 1953 y la simplificación de rúbricas de 1955.
[2]Discorsi, I, 125s.
[3]Discursos y radiomensajes, I, 239-248. Audiencia general a numerosos peregrinos, junto con un denso grupo de recién casados.
[4]Discursos y radiomensajes, I, 435-437. Palabra dirigida a los esposos cristianos sobre la dignidad de María y el ejemplo de sus virtudes.
[5]Discorsi, I, 517-526.
[6]Discorsi, II, 265-270. Dirigido a los participantes del Sínodo inter-parroquial tenido en la abadía de Santa Maria di Grottaferrata.
[7]Discursos y radiomensajes, III-I, 75-82. Archicofradía instalada en Roma, en la Iglesia del Corpus Domini.
[8]Discorsi, V, 5-17. A los párrocos y predicadores cuaresmales de Roma.
[9]Discorsi, VI, 325-340. Con ocasión del XV centenario de la muerte de san Cirilo de Alejandría.
[10]Discorsi, VI, 307-321. Se trata de la audiencia anual a los párrocos y predicadores cuaresmales de Roma.
[11]Discorsi, IX, 235-241. Con ocasión del XIV centenario del tránsito de san Benito.
[12]Discorsi, IX, 493-561; Salamanca, 1963. Edición junto con la Constitución Sacrosanctum Concilium y estudio introductorio comparativo en: A. Nichols, A Pope and a Council on the Sacred Liturgy, Hampshire, 2002.
[13] Cf. M. Garrido, Grandes maestros y promotores del Movimiento Litúrgico, Madrid, 2008, 18-21.
[14]Discorsi, X, 369-372. Audiencia a la Arciassociazione deel’Adorazione perpetua e di soccorso delle chiese povere.
[15]Discorsi, X, 243-249.
[16]Discorsi, XI, 11-16.
[17]Discorsi, XII, 473-492. Definición dogmática de la Asunción en cuerpo y alma de María al Cielo.
[18]In liturgicis libris, qui festum referunt vel Dormitionis, vel Assumptionis Sanctae Mariae, dictiones habentur, quae concordi quodam modo testantur, cum Deipara Virgo ex hoc terrestri exsilio ad superna pertransiit, sacro eius corporis ex Providentis Dei consilio ea contigisse, quae cum Incarnati Verbi Matris dignitate consentanea essent, cum ceterisque privilegiis eidem impertitis.
[19]Discorsi, XIII, 413-418.
[20]Discorsi, XVI, 245-256.
[21]Discorsi, XVII, 571-588.
[22]Discorsi, XVIII, 465-479; Discurso al Congreso Internacional de Liturgia Pastoral, Barcelona, 1957. Cf. AAVV., Atti del primo Congresso internazionale di pastorale liturgica. Assisi-Roma, 18-22 settembre 1956, Genova, 1957 .Celebrado en Asís, aunque la Audiencia del papa fue Castel Gandolfo.
[23] Cf. A. Bugnini, La riforma liturgica (1948-1975), Roma, 1983, 24.
[24]Discorsi, XX, 453-472.

Adolfo Ivorra
Publicado en Pastoral Litúrgica 306-307 (2008) 73-79.
fonte:lexorandi